- SOSTA SELVAGGIA

+ VERDE  IN  CITTA'

   Incontro su qualità urbana

   e piano urbano parcheggi

 

Milano, Venerdì 28 maggio 2004

 

Auditorium San Carlo - Sala verde

 

 

Introduzione di Maurizio Mottini

 

Il fine di questo incontro è una discussione seria su un tema importante per la città, che possibilmente porti ad individuare alcuni punti fermi di metodo e di sostanza, condivisi dai diversi soggetti coinvolti, a cominciare dalla pubblica amministrazione comunale.

 

La crisi della qualità urbana per l’entità dell’occupazione del suolo pubblico da parte delle auto

 

Il suolo pubblico è una risorsa scarsa. Con tutta probabilità non è possibile continuare a ritenere che posa essere usato senza un corrispettivo da parte degli utenti. Questo sia per i veicoli in movimento che per quelli in sosta. Solo introducendo una inversione della logica (fino ad ora prevalente) che l’auto debba poter andare dappertutto anche a detrimento dei pedoni o dei veicoli non a motore, è possibile avviare un recupero di qualità urbana. Occorre mettere il pedone al centro della organizzazione dello spazio pubblico.


La compromissione della qualità urbana è tanto intensa da costituire ormai un limite allo sviluppo

La misura della gravità del degrado è la drammatica entità della sosta selvaggia.

 

La sosta selvaggia è nemica del verde.

La sosta selvaggia ha raggiunto livelli intollerabili. Vent’anni or sono di notte (dalle ore 3 alle ore 6) nella città una indagine della Vigilanza Urbana accertava che 75.000 vetture erano in sosta vietata o irregolare. Da quella indagine naque l’idea dei parcheggi per residenti in aree pubbliche col bando del 1985. Oggi la situazione è di gran lunga più grave. Non ci sono piazze o viali alberati in città, anche in periferia, che non siano assediati da auto in sosta. Auto naturalmente a ridosso dei tronchi e che trasformano ciò che una volte erano aiole, in sterrati fangosi o polverosi, spesso costellati da defecazioni di cani. Ma per tutti questi numerosissimi casi non si sono formati comitati per la difesa degli alberi, o non ne è stata data notizia dai mass media.

La cosa è così grave che in alcuni viali sono opportunamente iniziati lavori di difesa delle aiole di contorno agli alberi, con doppi gradini. Ma ciò riduce lo spazio di sosta. Quindi ci sarebbe bisogno di molti parcheggi interrati per proseguire in questi lavori di difesa dell’ambiente urbano.

Più in generale qualsiasi misura di pedonalizzazione come pure di inserimento di piste ciclabili è impedita dal fatto che non si sa dove mettere le auto. Quindi occorrono parcheggi interrati, a cominciare dai parcheggi per i residenti.

 

Se queste affermazioni corrispondono a verità, ha senso contrapporre i parcheggi agli alberi?

Senza parcheggi è impossibile tutelare gli alberi. Anche i profani capiscono che gli alberi in città vivono in una condizione molto diversa dalle foreste. Sono più delicati e soffrono di condizioni di precarietà per le molte aggressioni che subiscono. Solo le essenze infestanti resistono meglio ma non sempre sono da preferire. Anzi a volte sono piene di spine.


C’è quindi anche un problema di scelta delle essenze, di rinnovo degli alberi malati anche per evitare che cadano come accade sempre più spesso coi temporali.

Anche nei boschi del resto si tagliano abitualmente alberi per esigenze di diradamento, di sviluppo equilibrato delle fronde.

E’ giusto considerare intoccabile qualsiasi albero di città in tutti i casi? Così sembrerebbe dalle recenti polemiche, a volte giustificate ma a volte no.

Sarebbe utile un chiarimento da parte degli esperti.

 

Parcheggi di corrispondenza

Mentre la costruzione di parcheggi di corrispondenza alla estrema periferia di Milano non hanno mai determinato problemi o contestazioni, diverso è il caso di situazioni più interne alla città (basti pensare a Caterina da Forlì). E’ fuor di dubbio che ci siano molte altre situazioni che possono determinare contenziosi. Sembra quindi opportuno, trattandosi di solito di interventi rilevanti, procedere contestualmente ad interventi di riqualificazione di adeguata ampiezza al fine di contribuire alla qualità urbana, ivi compresa la dotazione di piantumazioni e verde di arredo.

 

Parcheggi a rotazione

In situazioni particolari possono essere necessari. Tuttavia occorre valutare con molta attenzione possibili parcheggi a rotazione per non compiere scelte contradditorie con politiche della viabilità a difesa del trasporto pubblico.

In questi casi (necessariamente limitati), quando sia possibile, può essere utile abbinare il parcheggio a rotazione con il parcheggio per residenti (bando di via Vittadini)

 

Parcheggi per residenti

Chi introduce rappresenta cooperative di abitanti, vale a dire  soggetti imprenditoriali che tuttavia non hanno come scopo il profitto ma anzitutto il soddisfacimento delle esigenze dei soci, pur nell’ambito di un equilibrio costi/ricavi. Questo atteggiamento è particolarmente vero per le cooperative di carattere permanente a larga base sociale, che non concludono la propria attività con la consegna di un parcheggio realizzato, perché sono interessate ad un'azione continuativa.

I soci di queste cooperative sono dei residenti che pagano per soddisfare il bisogno di ricoverare la propria automobile, ma nel contempo offrono un doppio servigio alla città:

1.    tolgono le loro auto dalla strada

2.    sopportano il costo della manutenzione del soprassuolo (nel caso del bando del 2002 per 90 anni)

Questi residenti sono soggetti quindi interessati alla qualità ambientale tanto quanto tutti gli altri residenti dell’ambito di influenza del parcheggio. Ma sono più meritevoli perché con loro risorse aiutano la qualità urbana alleggerendo anche i costi di manutenzione che gravano sulla collettività.

Anche altri soggetti operano per i residenti come le imprese e le cooperative di scopo, vale dire quelle destinate a sciogliersi una volta compiuto l’intervento. Forse per questi soggetti esistono minori stimoli alla tutela della qualità urbana; tuttavia il tema della responsabilità sociale sta crescendo come fonte di credibilità della impresa ed anche ormai anche come strumento per il successo imprenditoriale.

 

Il problema delle localizzazioni dei parcheggi per residenti e la politica della repressione della sosta vietata.

Si tratta di una responsabilità tutta in capo alla amministrazione pubblica, anche se ci sono condizionamenti in rapporto alla domanda. E’ infatti evidente che le localizzazioni debbono corrispondere ad ambiti dove ci sia una domanda.

Le sorprese del sottosuolo anche in aree con destinazione di verde pubblico, sono così frequenti e rilevanti che non è affatto vero che fare i box sotto il verde sia più economico che farli sotto aree asfaltate. Se l’amministrazione privilegiasse localizzazioni in sedi stradali, ci sarebbero problemi di viabilità e/o di modifiche di linee di trasporto di superficie, ma non ci sarebbero costi insopportabili, purchè si prevedano parcheggi di almeno 250 – 300 box. Già con entità di questo tipo è possibile affrontare spostamenti significativi di condotti fognari che verrebbero tuttavia ad essere rinnovati totalmente.


Naturalmente sarà indispensabile un serio coordinamento delle tecnostrutture comunali e paracomunali che con le attuali procedure sono assolutamente impossibili. Tuttavia una scelta di questo tipo ridurrebbe sicuramente il contenzioso per gli alberi, tutelando spazi già all’uso consolidato da parte dei residenti.

Come corollario alla corretta individuazione delle loclità dove fare parcheggi per residenti occorre una efficace azione per contrastare la sosta vietata, sia con mezzi fisici (doppi gradini) sia con tempestive sanzioni della sosta vietata. Anche qui c’è un problema di coordinamento tra settori diversi del Comune, ma di minor entità.

 

Il tema vero : la qualità del progetto

Parliamo quindi della responsabilità verso la collettività del progettista. Che certo risponde al suo committente; ma non solo. La sua attività si misura con le norme (moltissime) che presiedono alla definizione dei progetti. Stabilisce necessariamente un rapporto dialettico con le strutture comunali che hanno a vario titolo responsabilità sulle trasformazioni del soprassuolo (non di rado condizionate anche da assetti dei sottoservizi). Infine, e purtroppo è il tema più negletto, il progettista ha una responsabilità verso la collettività più direttamente interessata alla realizzazione della sua elaborazione. C’è quindi un problema di comunicazione anche in senso interattivo tra progettista e comunità. Non è un caso che questo tema della condivisione sia alla base di tutti gli sforzi delle politiche europee che promanano dalla carta di Aalborg. Ma da noi mancano ancora procedure oltre che la diffusa sensibilità che sarebbe necessaria.

Naturalmente c’è anche una questione di costi nella definizione del progetto condiviso. Nelle parti più interne della città, diciamo entro la circonvallazione della 90/91, il divario tra domanda e offerta è così elevato che è certamente possibile affrontare anche costi più elevati per aumentare la qualità urbana. Non così in periferia dove ci si deve confrontare con una domanda più debole o quantomeno molto sensibile al prezzo di assegnazione.


Infine è opportuno, anzi necessario, introdurre delle novità nella disciplina della sosta in tutti gli ambiti dove si va a fare un parcheggio per residenti. Altrimenti ai fini del miglioramento della qualità urbana si vanifica lo stesso sforzo economico di chi coi propri soldi di procura un box interrato e contribuisce alla manutenzione del soprassuolo.

 

Come conseguire progetti condivisi

Nella esperienza di questi anni a Milano, la lunghezza delle procedure e la mancata prassi del progetto condiviso hanno determinato la situazione che l’inizio di un cantiere è stata sempre una sorpresa. La mancanza di preventive informazioni enfatizza le incomprensioni, determina le contrapposizioni fino alla formazioni di “leggende metropolitane”.

Un secondo problema sono l’intreccio di competenze (Sovraintendenza archeologica e Beni ambientali) con conflitti che hanno prodotti ingenti danni alla città per cantieri che si sono protratti per anni.

Di qui l’urgenza di procedure innovative, anche più brevi delle attuali, ma per progetti condivisi.

Il progetto condiviso pone quindi alla Amministrazione ma anche agli operatori oltre che ai progettisti due questioni, a giudizio nostro, non più rinviabili:

1.    La comunicazione come strumento per un rapporto civile con la collettività e come fonte di accrescimento della qualità progettuale, assumendo una procedura per progetti condivisi.

2.    La questione della sede che decide dopo una procedura corretta per la condivisione dei progetti

 

A questo proposito l’Avv. Perli avanzerà nella sua comunicazione alcune proposte nate da un primo e sommario scambio di idee. Proposte che naturalmente dovranno avere in questa sede una prima verifica ma che potranno e speriamo dovranno avere ulteriori approfondimenti per giungere ad instaurare modalità aggiornate nella procedure per progetti condivisi.