Egr. Dott.

Vincenzo Giudice

Presidente del Consiglio Comunale

Comune di Milano

 

 

                                                                                                                        Milano, 31 ottobre 2005                                                                                                   

                                               

Oggetto: Vendita della casa popolare di via Cicco Simonetta 15 a Milano

 

Egr. Sig. Presidente,

 

ho saputo dalla stampa che il Consiglio Comunale delibererà in una prossima riunione sulla vendita all’asta della casa popolare di via Cicco Simonetta 15.

Sono la pronipote del Comm. Giuseppe Levi, che donò questa casa al Comune nel 1904, più di 100 anni fa, come ricovero per i poveri senza tetto come riportato sulla lapide in facciata.

Mio bisnonno scrisse il 21 agosto 1904 al Comune: "Fortemente impressionato dalle pietosissime condizioni in cui trovansi i senza tetto e per assecondare un sentimento del mio animo di fare in vita un'opera pubblica di beneficenza, ho acquistato la casa di via Cicco Simonetta 15 coll'intenzione di offrirla in dono, come offro colla presente, a codesto onor. Municipio, a pro dei senza tetto" e specificò nel lascito che si intendeva i poveri senza tetto “senza distinzione di religione”.

Il riferimento alla religione deriva dal fatto che mio bisnonno, di religione ebraica, abitò per quarant’anni ad Alessandria d’Egitto dove entrò in contatto con la religione musulmana e fu grande amico del cardinale di Milano Ferrari che lo visitò negli ultimi giorni della sua malattia.

La notizia della sua donazione fu pubblicata sul Corriere della Sera in cui fu citato come “filantropo donatore”, il sindaco di allora Barinetti espresse “i sensi di gratitudine del Comune al generoso donatore” e si impegnò a “porre sulla facciata una lapide rammendante il nome del generoso donatore e lo scopo al quale la donazione fu condizionata.”

Nella seduta del Consiglio Comunale del 10 ottobre 1904 fu deciso che il comm. Giuseppe Levi fosse iscritto fra i benemeriti del Comune.

Alla sua morte nel 1909 il Corriere della Sera pubblicò un necrologio intitolato “la morte del filantropo” e ricordò che il comm. Levi, nato a Venezia nel 1830, aveva combattuto nella prima guerra di indipendenza difendendo Venezia e Vicenza dagli Austriaci e ottenendo una medaglia, andò poi in esilio ad Alessandria di Egitto dove divenne direttore di banca e giudice consolare, ottenne qui l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine Imperiale Ottomano di Megidies, ritornò in Italia nel 1890 e prese residenza a Milano dove ricevette il titolo di cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro e di Ufficiale e Commendatore della Corona d’Italia.

Nel 1908 fu costituita l’Opera Pia Comm. Giuseppe Levi per i ricoveri notturni gratuiti di Milano a cui la casa fu ceduta con l’assenso del Comm. Levi, come ricordato da una seconda lapide.

Il 19 gennaio 1909 il Comm. Giuseppe Levi morì a Milano all’età di 78 anni, lasciando una ulteriore donazione all’Opera Pia che portava il suo nome.

Nel 1932 il Comune di Milano riacquistò la casa dall’Opera Pia, includendola nel patrimonio delle case popolari.

E’ quindi con grande sconforto che ho saputo che il Comune di Milano intende vendere questa casa, di cui ben due lapidi ricordano la destinazione.

Anche se il Comune intende utilizzare il ricavato per acquistare altri alloggi di edilizia residenziali pubblica vorrei ricordare che mio bisnonno volle specificatamente donare una casa in Porta Genova e non nella periferia di Milano e volle che questa casa, e non altre, fosse destinata ai poveri senza tetto.

Essendo il lascito condizionato a questo utilizzo ritengo che il Comune si comporterebbe illegalmente e scorrettamente se dovesse violarlo.

Spero che il Consiglio Comunale voglia rispettare il lascito e non autorizzare la vendita, richiamando il Sindaco e la Giunta Comunale al rispetto della volontà di un filantropo del secolo scorso e disponendo che gli alloggi, vuoti da tempo, vengano assegnati agli aventi diritto.

Mi piacerebbe che questa casa diventasse il simbolo della coabitazione di persone di religione e origine diversa, a rappresentare la natura ormai multietnica della nostra città, prevista cento anni prima da mio bisnonno.

La pregherei di dare pubblica lettura di questa mia lettera in Consiglio Comunale prima che la delibera venga votata.

La ringrazio per l’attenzione e le invio i miei più cordiali saluti

 

 

 

 

Matilde Arena

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