Corriere della Sera 25 marzo 2004

 

PROTESTE
«Sottotetti, abbaini e sopralzi: Brera è a rischio»

Gli abitanti di Brera contro i sottotetti: «Se continuano a spuntare come funghi, il profilo più elegante di Milano sarà cancellato». La lista nera degli «orrori» in città l’hanno compilata i Verdi: almeno 40 i recuperi abitativi «contrari al decoro architettonico», dal centro in periferia. E in vista della nuova legge urbanistica che il Consiglio regionale inizierà a discutere il 31 marzo, lanciano online la campagna «Tetti protetti»

 

Tra sottotetti e abbaini Brera perde il suo stile»

Gli abitanti fotografano gli scempi urbanistici. Proteste e denunce

Sottotetti, sopralzi e abbaini: «Addio Brera, se continuano a spuntare come funghi non la riconosceremo più». Gli abitanti della Montmartre milanese e qualche consigliere comunale assicurano che «quegli orrori aggrappati lassù» cancelleranno la memoria del quartiere. E cambieranno la storia di palazzi che hanno più di cent’anni e che disegnano il profilo «più elegante e uniforme di Milano». Macchina fotografica al collo, molti cittadini fermano su pellicola i mostri che a loro giudizio snaturano intere vie. «Poi ci portano i loro scatti e si lamentano. E hanno ragione - conferma Filippo Maraffi, consigliere di zona 1, Rifondazione comunista -. Perché questa maggioranza approva di tutto e la sovrintendenza ai Beni culturali adotta due pesi e due misure: o è rigorosissima o fin troppo accondiscendente». In via Madonnina, l’anticamera di Brera, la rabbia la moltiplicano per tre. È il numero dei palazzi sotto accusa: via Arco 1, via Mercato 3 e 5. Da qualche mese «si stanno allungando». «E se poi si alzano pure tutti gli altri? Qui finisce che ci scordiamo di com’è fatto questo quartiere: le case sono tutte alla stessa altezza, non era mai spuntato niente tra i tetti», dice Gabriella. Fa la custode e abita in Brera da più di 40 anni. Quelle che qui chiamano ancora «Belle Arti», secondo gli abitanti «fanno il bello e il cattivo tempo: non ci permettono di ristrutturare i bagni esterni per non rovinare i palazzi ma poi lasciano crescere le case».
«Io qui conosco anche i sassi - riprende la custode - e per questi lavori protestano tutti». Anche perché le gru «hanno portato via le onde alla tv: è da settembre che non vediamo più Rai 1, 2 e 3». In tutta Milano, la lista nera dei recuperi conta 40 «orrori». Si chiama «Le mani sui tetti della città»: i Verdi Maurizio Baruffi (consigliere comunale) e Michele Sacerdoti (in commissione concessioni edilizie di zona 2 e 3) l’hanno riempita di esempi. Da corso Italia a via Bixio, da via Sardegna a viale Tibaldi: la città «sta perdendo il suo decoro architettonico», denunciano gli ambientalisti.
Eppure da quando il Comune ha affidato in via sperimentale alla commissione edilizia l’analisi delle richieste di recupero, i progettisti si sono sentiti dire molti «no». In 15 riunioni, dal 27 novembre 2003 all’18 marzo 2004, sono stati esaminati 176 progetti: 41 approvati, 71 respinti, 59 giudicati da modificare e 5 da discutere con gli architetti. «Così le brutture non dovrebbero più passare - ammette Sacerdoti -. Ma hanno solo messo una pezza su una legge sbagliata». Quella regionale del ’96, la numero 15: dà il via libera al recupero abitativo dei sottotetti. Ma impone minimi di altezza calcolabili sulla media ponderale delle superfici. Permettendo così la comparsa di solai sempre più grandi, alcuni quanto il tetto. Perciò, in difesa dello skyline di Milano, i Verdi hanno lanciato la campagna «Tetti protetti»: all’indirizzo www.ilbaruffi.it i testimoni degli «scempi» sono invitati a firmare una petizione contro la «disastrosa» legge. E a spedirla via mail all’assessore regionale al Territorio e a quello comunale all’Urbanistica. Il 31 marzo in Consiglio regionale inizierà la discussione della nuova legge. I Verdi presenteranno un loro progetto: «Per dire no al recupero dei sottotetti sui nuovi palazzi - annuncia Baruffi - e un no definitivo ai sopralzi». Che per ora non si possono realizzare nel centro storico, ma in altre zone di Milano sì: «Lo stop dev’essere esteso anche ad altri punti della città - insiste il consigliere -. Penso alla zona liberty di Porta Venezia o al quartiere dei Giornalisti e di Città Studi».

Elsa Muschella