FAI

FONDO PER

L’AMBIENTE

ITALIANO

 

 

 

Direzione

Viale Coni Zugna. 5 - 20144 Milano

Tel. 02 467615.1 - Fax 02 48193631

info@fondoambiente.it    www.fondoambiente.it

Milano, 8 febbraio 2005

 

 

 

Dottor Roberto Formigoni

Presidente Giunta Regionale Lombardia

Via Pola, 14

20124 Milano

 

Dottor Alessandro Moneta

Assessore al Territorio e Urbanistica

Regione Lombardia

 

 

 

Gentile Presidente,

Gentile Assessore,

 

a nome del Fondo per l’Ambiente Italiano -  F.A.I. - trasmetto alcune considerazioni sulla Legge Regionale per il governo del territorio, che sarà in discussione presso il Consiglio Regionale a partire da domani.

 

In termini generali, la nostra Fondazione non condivide la tendenza ad una progressiva deregolamentazione urbanistica ed edilizia, sottesa anche all’impianto della nuova legge:

ritenendo che proprio le grandi opportunità di sviluppo della nostra Regione e il suo ruolo di crescente importanza nel contesto europeo richiederebbero il rilancio di un molo forte delle Amministrazioni Pubbliche nella organizzazione del territorio, che permetta di archiviare i guasti verificatisi in passato.

 

E’ ben noto d’altra parte come diverse sub-aree della nostra Regione, anche al di là di quelle a carattere metropolitano, siano oggetto di un crescente interesse speculativo da parte di operatori vieppiù disinvolti ed agguerriti; e l’esperienza di quanto sin qui avvenuto richiederebbe, a nostro avviso, la presenza di efficaci strumenti di piano urbanistico e di controllo edilizio, non punitivi ma più attenti alle esigenze di tutela del territorio: che riguarda come è ovvio l’intera Regione e non già alcune privilegiate aree protette.

 

Si tenga conto in particolare che, per quanto attiene il governo del territorio, gli interessi generali della collettività tutelati dagli enti pubblici sono normalmente contrapposti agli interessi privati e proprietari; e di conseguenza non può applicarsi in questa materia così fondamentale per il futuro della nostra Regione il principio di sussidiarietà, essendo affidato all’intervento pubblico non un ruolo di supplenza ma, a nostro avviso, di direzione concreta e di progetto anche esecutivo del nostro futuro.

 

Nella impossibilità di fornire allo stato un adeguato commento alla intera Legge, aggiungiamo a titolo esemplificativo alcune considerazioni più specifiche al tema dei sottotetti, trattato negli articoli da 63 a 66 del progetto di Legge.

 

L’a.tt. 63 ripete le finalità della Legge Regionale 15 del 1996, senza tener conto alcuno dei problemi che la stessa ha sollevato e dei risultati dell’esperienza, a nostro avviso fortemente negativi, specie dopo le modifiche apportate con l’art. 6 della Legge Regionale 19 Novembre 1999 n. 22.

 

Pur trattandosi di circostanze ampiamente note ripetiamo le principali carenze.

 

L’obiettivo di “contenere il consumo di nuovo territorio” faceva pensare sin dal suo esordio ad una legge con finalità di edilizia sociale: essendo ben noto che il fabbisogno di nuove abitazioni residenziali ò per la quasi totalità rappresentato dalla domanda delle classi sociali di reddito più basso, per le quali soltanto esiste in Lombardia una grave “questione delle abitazioni”.

 

E’ altrettanto noto che il recupero dei sottotetti si è sviluppato in principalità nelle città maggiori, fra cui Milano,con caratteri del tutto diversi: dando luogo ad un particolare mercato immobiliare dai caratteri fortemente speculativi, non ultima probabile ragione del noto aumento generalizzato dei prezzi degli immobili.

 

Con queste premesse, l’applicazione indiscriminata della legge non ha raggiunto alcun obiettivo di interesse pubblico o collettivo, provocando al contrario vasti deterioramenti del paesaggio urbano delle nostre città

 

Vale per tutti l’esempio di Milano, dove i risultati della legge sono tristemente visibili in quasi ogni punto della città storica e comunque consolidata prima del 1940. Di fronte ai pessimi risultati della attuazione, si nutrivano speranze che la nuova legge avrebbe ricondotto le possibilità di recupero dei sottotetti ad un ambito più limitato e ragionevole, come del resto hanno tentato di fare negli ultimi mesi - specie dopo le ripetute denunce della stampa - alcuni fra gli amministratori più sensibili.

 

Tuttavia chi si aspettava un ritorno agli obiettivi originari è rimasto ampiamente deluso, in quanto nel testo della nuova legge troviamo ancora:

 

A)        la possibilità di “recuperare” il sottotetto che sia esistente al momento della domanda (o della DIA): con ciò avallando una applicazione continua e ripetitiva dei sopralzi, e la prassi elusiva di erigere nuove costruzioni nelle quali - oltre alla volumetria ammissibile -sia previsto un sottotetto (non computabile nella SLP), pronto per essere trasformato in superficie abitabile al momento della ultimazione dei lavori.

 

Questa elusione viene del resto incentivata dalla legge, che acconsente al sopralzo anche se il sottotetto non sia ultimato: essendo sufficiente constatare che sia eseguito il “rustico” e completata la copertura.

 

B)        E’ stata ripetuta dall’art. 64 la generale ed assoluta licenza di modificare tutti i coronamenti degli edifici, l’altezza di colmo e le linee di pendenze della falda del tetto; senza nessuna tutela anche per i centri storici o comunque per l’edilizia di valore, realizzata all’origine secondo progetti unitari.

 

C)        L’art. 65 mantiene per i sottotetti la deroga alle prescrizioni dei piani urbanistici; e anzi la rende assolutamente generale. Si ricorda che questa deroga era stata prevista dalla Legge 15 del 1996 che consentiva peraltro modalità di applicazione molto più limitate; mentre con la norma attuale si impedisce di fatto ogni controllo di qualità a qualsiasi amministrazione comunale.

 

D)        E’ vero che i comuni avrebbero la possibilità di escludere le disposizioni sui sottotetti in alcuni ambiti territoriali con “motivata” deliberazione del Consiglio Comunale.

 

Non è chiaro peraltro se questa facoltà possa essere esercitata solo nei primi 1 80 giorni dall’entrata in vigore della legge (come sembrerebbe dal richiamo all’art. I comma 7 della legge 15 del 1996).

 

Se così fosse, si arriverebbe al paradosso di impedire al comune - e dopo un termine così breve - l’esercizio dei poteri urbanistici tipici dell’ente locale: e per di più impedire al comune un’ azione di tutela del proprio patrimonio storico edilizio dando via libera ad ogni possibile iniziativa, in tutti i casi in cui gli amministratori intendessero attivarsi in futuro!

 

Poiché riteniamo che l’obiettivo condiviso anche dagli attuali amministratori regionali sia quello di lasciare alle generazioni che verranno una Lombardia non solo più ricca ma anche più rispettosa di tutto quanto concerne la propria memoria e identità storica, si chiede con calore di ripensare alle modalità di intervento qui sopra commentate; facendo prevalere le esigenze dei cittadini rispetto ad altri interessi.

 

Ringraziamo per l’attenzione e restiamo a disposizione per ogni esigenza.

 

Cordiali saluti.

 

 

 

FAI-Fondo per l’Ambiente Italiano

(Il Consigliere Avv. Ezio Antonini)