Il Comune di Milano verso una nuova politica
della mobilità ciclistica?
Lo scorso 20 settembre, CICLOBBY e FIAB,
rappresentate dai rispettivi
presidenti Eugenio Galli e Luigi Riccardi,
sono state convocate insieme a
Costantino Ruggiero di ANCMA per un’audizione
presso la VIII Commissione
consiliare (Mobilità - Traffico - Ambiente)
di Palazzo Marino, presieduta
dal consigliere Marco Osnato.
In quella sede abbiamo potuto conoscere,
dalla viva voce dell’assessore al
Traffico Edoardo Croci, le linee di indirizzo
del Piano della Mobilità
Ciclistica che il Comune di Milano sta
predisponendo, come già si era
appreso da notizie di stampa.
Secondo le dichiarazioni dell’assessore, il
Piano sarà pronto entro la
fine dell’anno e verrà sottoposto quanto
prima a una consultazione
pubblica per favorire la più ampia
condivisione attraverso un
coinvolgimento non limitato ai competenti
settori comunali, ma esteso
invece alla cittadinanza e ai soggetti
esterni portatori di interesse
(associazioni, università).
Il Piano attualmente in corso di elaborazione
non riguarda solo la
mobilità del tempo libero: riconosce il
contributo della bici nella
mobilità urbana e si propone di incentivarne
l’utilizzo in modo ancora più
diffuso, seppure con le limitate risorse
economiche attualmente
disponibili. Esso definisce interventi sulla
rete ciclabile, sul
potenziamento dei posti destinati al
parcheggio delle biciclette (con una
previsione di 3.200 manufatti in 225
localizzazioni), sulla segnaletica e
sulla comunicazione istituzionale.
La presentazione è stata preceduta da alcune
considerazioni introduttive
che sono parse non meno importanti sul piano
simbolico, come espressione
di un nuovo clima politico.
Innanzitutto la dichiarazione dell’assessore
al Traffico che individua
nella mobilità ciclistica un settore nel
quale può esservi, per il Comune
di Milano, la possibilità di un “salto di
qualità”, un modo istituzionale
per evidenziare la presa d’atto della
criticità dell’attuale situazione.
Ma l’assessore Croci si è spinto oltre,
dichiarando che “dalle
ricognizioni effettuate, i 70 km di piste
ciclabili dichiarati risultano
solo teorici, in quanto molti di essi sono
scollegati o fuori norma”.
E’ la prima volta che, in modo pubblico e
ufficiale, l’Amministrazione
comunale riconosce le discrepanze per anni da
noi inutilmente denunciate.
Abbiamo pertanto apprezzato un’analisi che ci
è sembrata intellettualmente
onesta.
A fronte di ciò l’obiettivo che
l’Amministrazione parrebbe volersi dare è
di “mettere a norma i tratti esistenti,
realizzare le connessioni
mancanti, estendere la rete ciclabile, con
una maglia continua in
direzione concentrica e radiale, portandola,
nell’arco di cinque anni, a
uno sviluppo complessivo di 120 km reali,
pensati in continuità anche con
la rete ciclabile provinciale”.
Fin qui, certo, siamo alle parole e alle
promesse. Molto dipenderà da
quanto di questa disponibilità si
concretizzerà nell’azione
amministrativa. Ma è anche giusto, dopo un
decennio di rapporti
sterilmente conflittuali e di dialoghi tra sordi
con l’amministrazione
comunale, riconoscere quelli che appaiono
elementi di novità.
Nel corso del dibattito seguito alla
relazione dell’assessorato sono
intervenuti diversi consiglieri, di
maggioranza e di opposizione, con
giudizi sostanzialmente positivi e con
manifestazioni di interesse ed
attenzione. Non sono mancate alcune posizioni
critiche (ad esempio sulla
possibilità di utilizzare corsie
preferenziali e marciapiedi per il
transito delle biciclette).
Per parte nostra, FIAB e CICLOBBY come
rappresentanti del movimento
cicloambientalista, abbiamo voluto nuovamente
ribadire alcune richieste,
chiedendo di poter partecipare, nel rispetto
dei ruoli diversi e distinti,
alla elaborazione dei provvedimenti che il
Comune di Milano intende
adottare per favorire la mobilità ciclistica
In fatto di mobilità ciclistica Milano ha
accumulato un ritardo
pluridecennale, che va analizzato con onestà
e che richiederà molto
impegno, coerente e non discontinuo, per
poter essere colmato. Attraverso
la definizione di obiettivi concreti e
misurabili.
D’altro canto, proprio il contrasto alla
drammatica situazione di
invivibilità creata dal traffico e
dall’inquinamento può trovare nella
bici un prezioso alleato, in un’ottica di
mobilità sostenibile.
Da qui l’auspicio che vi sia finalmente nella
nostra città, sulla bici, un
cambiamento che parta dagli stili e dalla
prassi della Amministrazione. Un
cambiamento fatto di condivisione, ascolto e
pragmatismo.
Non vi è alcuna pretesa di sostituire le responsabilità
di chi governa, né
desiderio di costruire artificiosi consensi:
il rapporto dialogico, che
non presuppone identità di visioni, è però
importante per cercare di
costruire qualcosa di nuovo e di utile per la
mobilità ciclistica,
nell’interesse della città.
Abbiamo quindi sottolineato la necessità che
il Comune di Milano, in tutte
le sue articolazioni politiche,
amministrative e tecnico-burocratiche,
compia preliminarmente l’opzione di
considerare la bicicletta un mezzo di
trasporto sempre più utile per la mobilità
nelle città e nelle aree
metropolitane. Soprattutto se la bici viene
integrata con gli altri mezzi
e in primo luogo il trasporto pubblico.
L’obiettivo deve dunque essere lo sviluppo
della mobilità ciclistica
diffusa e in sicurezza, da ottenere con vari
provvedimenti, quali: piste
ciclabili quando vi è incompatibilità tra il
traffico motorizzato e quello
delle biciclette, moderazione del traffico
(zone pedonali con eccezione
per la bici, zone e strade residenziali, zone
e strade con il limite a 30
km/h, etc.), altri interventi specifici
(utilizzo ai sensi del Codice
della strada dei marciapiedi adatti; doppio
senso per le bici nei sensi
unici per gli altri veicoli; utilizzo delle
corsie riservate ai mezzi
pubblici di calibro adeguato; diffusione
capillare di parcheggi idonei a
scoraggiare il furto delle biciclette;
integrazione modale con i mezzi
pubblici di trasporto; noleggio di biciclette
di proprietà comunale),
sostegno della domanda di mobilità
ciclistica, in particolare mediante
appositi progetti casa scuola e casa lavoro.
Abbiamo poi soffermato l’attenzione su alcuni
temi che consideriamo
nevralgici per impostare una politica della
mobilità ciclistica articolata
sulle effettive esigenze della città.
1. Censimenti
dei ciclisti: negli ultimi anni sono stati effettuati da
CICLOBBY, con notevole investimento di
energie. La conoscenza della
domanda è fondamentale per poter definire le
priorità di intervento e di
monitorare nel tempo gli effetti delle
politiche adottate. E’ dunque
auspicabile che il Comune voglia perseguire
queste metodologie di analisi.
2. Servizio
di bici a noleggio pubbliche: nelle città europee (Vienna,
Berlino, Lione…) come pure in molte città
italiane esiste la possibilità
di noleggiare con facilità e a costi
contenuti una bici. Ciò permette di
privilegiare quindi la mobilità non
inquinante, anche da parte di chi non
possieda una bici avendo, ad esempio,
lasciato l’auto in un parcheggio. A
Milano questa possibilità ancora manca: è
tempo di superare l’esperienza
milanese delle “bici gialle, che deve essere
modello da non imitare, non
più alibi per non fare.
3. Intermodalità
con i mezzi pubblici: in Europa la bici viaggia in
metropolitana e talvolta anche sulle linee di
superficie, a Milano no. La
possibilità di trasportare la bici sui mezzi
pubblici, nella nostra città,
è ancora oggi improntata ad un uso
sostanzialmente limitato al tempo
libero (al sabato e la domenica e, nei giorni
feriali, solo la sera dopo
le 20). Noi non chiediamo forzature, ma finalmente,
anche qui, un sano
pragmatismo: si tratta di consentire
l’accesso della bici al trasporto
pubblico negli orari “di morbida”, con
adeguata regolamentazione.
4. Furto
di bici: a Milano è un problema particolarmente diffuso. Il furto
endemico delle bici rappresenta, oltre ai
molti esistenti, un ulteriore
disincentivo alla diffusione dell’utilizzo
quotidiano della bicicletta.
Inoltre, favorisce la circolazione di veri e
propri rottami, inefficienti
sul piano meccanico prima che estetico che,
oltre a rendere più faticoso
lo spostamento del ciclista, ne compromettono
in molti casi la stessa
incolumità (mancanza di luci e catadiottri,
freni in cattivo stato, etc.).
Infine, gli effetti del furto si ripercuotono
anche sul mercato del
“nuovo”, scoraggiando l’acquisto di bici di
qualità e invogliando
viceversa ad acquistare un “usato” che spesso
è di origine furtiva.
Ebbene, la soluzione di un problema di tale
complessità non è forse del
tutto alla portata del singolo Comune, ma
sicuramente occorre stroncare
con decisione i luoghi pubblici (e notori!)
di ricettazione, smettendola
di girarsi dall’altra parte: in primo luogo,
il mercato di bici rubate in
piazzale Cantore che si svolge ogni sabato.
5. Binari
dimessi: nelle pavimentazioni milanesi, affondati nel pavé o
nell’asfalto, ci sono ben 24 km di binari non
più in esercizio, che
giacciono in alcuni casi anche da vari
decenni, creando spesso situazioni
di grave pericolo per l’incolumità dei
ciclisti e in generale degli utenti
della strada: occorre pianificarne la
rimozione o, come misura
provvisoria, almeno una adeguata copertura e
messa in sicurezza.
6. A
Milano serve una buona dose di pragmatismo: è cioè indispensabile
evitare di trincerarsi dietro le parole,
discutendo invece nel merito i
problemi, cercando le soluzioni possibili.
Alcuni esempi:
- Marciapiedi: non si tratta di dare una
risposta di valore
assoluto, che riguardi tutti i marciapiedi di
Milano, ma di analizzare i
singoli casi.
Vi sono marciapiedi stretti, affollati, con
molti negozi e portoni di
accesso: lì no. Ma ci sono anche marciapiedi
larghi, poco frequentati da
pedoni, con scarsi accessi privati (ne
abbiamo fatto a suo tempo un lungo
elenco di valore esemplificativo): su questi
è sicuramente applicabile
quanto già previsto dalla normativa del
Codice della strada vigente. Ciò
non significa, evidentemente, autorizzare
l’accesso generalizzato delle
bici ai marciapiedi. Il resto è un fatto di
educazione e, dove serve, di
rieducazione.
- Corsie ATM: anche sul tema delle corsie
riservate ai mezzi
pubblici abbiamo frequentemente assistito a
dibattiti non pragmatici ma
ideologici. Con contrapposizioni che non
portano ad alcun risultato utile.
Anche in questo caso ci sembra che la
migliore soluzione sia quella di
considerare i singoli casi.
Ci sono corsie sufficientemente ampie per
consentire un transito in
sicurezza al mezzo pubblico e alla bici:
perché vietarle ai ciclisti? Ci
sono poi corsie il cui calibro non garantisce
la sicurezza del ciclista o
la speditezza del mezzo pubblico: si valuti
allora se è possibile
intervenire allargandole. A fronte di una
impossibilità o oggettiva
difficoltà di adeguare la dimensione della
corsia, non apparirà
irragionevole vietarvi la circolazione della
bici.
A ormai oltre due mesi da quella audizione,
non siamo ancora a conoscenza
di sviluppi concreti: ne chiederemo conto
all’assessore.
Difficile escludere il rischio che, rispetto
al dibattito in corso sulla
pollution charge, un eventuale fallimento o
differimento dell’iniziativa
politica porti con sé anche lo
“schiacciamento” delle importanti aperture
positive in tema di ciclabilità di cui
abbiamo qui voluto dare conto.
Sappiamo che l’inferno è lastricato di buone
intenzioni.
Ma, in ogni caso, noi non smetteremo di
tenere alta e viva l’attenzione su
questi temi di importanza nevralgica per la
nostra città. Pretendendo con
decisione
il rispetto degli impegni assunti.
Eugenio Galli (presidente CICLOBBY) e Luigi
Riccardi (presidente FIAB)