26/9/05
La dichiarazione
dell'assessore allo Sviluppo del Territorio, Gianni Verga in
occasione della cerimonia di apertura dei lavori di riqualificazione
dell'area Garibaldi-Repubblica-Varesine, una delle aree da sempre più
nevralgiche e importanti di Milano:
"Oggi si conclude grazie alla forte determinazione di questa
Amministrazione nel portare avanti un progetto di grande respiro
internazionale. Prima di poter assistere a questo momento sono passati 44 anni di
programmi, progetti e contenziosi. Finalmente incominciamo a rimarginare sul
campo la ferita urbanistica inferta al cuore di Milano da quasi mezzo secolo di
programmazione mancata, di abbandono rassegnato, di contenziosi aspri e di
degrado umiliante.
Ci troviamo, infatti, nella zona in cui, sin dagli albori del XX Secolo, sono
state costruite le maggiori stazioni milanesi (senza nulla togliere a scali
oggi scomparsi come Porta Tosa, Porta Sempione e Porta Nuova o ancora esistenti
come Porta Genova).
In questo luogo poco più di un secolo fa (l’11 ottobre del 1901), fu inaugurata
la stazione delle "Varesine", così come si chiamarono fino al 1944 le
locomotive elettriche a terza rotaia (utilizzate per assicurare il servizio
lungo la direttrice Milano-Gallarate-Varese-Porto Ceresio).
Sempre in questo luogo ma di poco meno di mezzo secolo fa (il 30 novembre del
1961), partì l’ultimo treno delle Varesine. Dal 1 dicembre i milanesi diretti a
Varese utilizzarono la vicina stazione di Porta Garibaldi.
Da allora a oggi la città ha assistito a un processo di involuzione progettuale
mano mano culminato nell'oblio dell'area Garibaldi-Repubblica-Varesine.
Oblio cessato con un assessore "maggiorenne". A puro titolo
statistico e non certo per rivendicare l'impegno che ho personalmente profuso
nell'individuazione di una soluzione valida, ricordo che ben 17 assessori
all'Urbanistica mi hanno preceduto dal '61 in avanti.
Steno Baj, Filippo Hazon, Angelo Amoroso, Salvatore Cannarella, Paolo
Pillitteri, Gianfranco Rossinovich, Maurizio Mottini; Carlo Radice Fossati
Confalonieri, Attilio Schemmari, Roberto Camagni, Gianpiero Borghini, Loris
Zaffra, Marco Arnaboldi, Bruno Ferrante (Vice Commissario), Giorgio Junginger,
Elisabetta Serri, Maurizio Lupi.
Ma solo
nel '99 il mio predecessore Maurizio Lupi, ieri amministratore apprezzato
e oggi parlamentare prezioso, ha imboccato il binario giusto per arrivare alla
destinazione della rinascita di Garibaldi-Repubblica-Varesine. Un binario lungo
il quale, dal 2001 in poi, mi sono instradato sospinto dalla locomotiva dei
tecnici in organico all'assessorato allo Sviluppo del Territorio e che, oggi, è
sbucato sulla prima cantierizzazione dell'area.
Non riesco a nasconderlo: mi sento, come tutti i presenti, uno dei
"Cavalieri che fecero l'impresa", tanto per citare il nostro Pupi
Avati.
Si, perché è nelle capacità di un Cavaliere far riuscire l’impresa: trasformare
questo luogo nel luogo della collaborazione, della pianificazione e
dell'intervento urbanistico condiviso con i residenti.
L’immagine del condominio sempre evocato dal Sindaco per sintetizzare un modus
operandi fatto di rigore, armonia, uguaglianza ha trovato qui un’applicazione
efficace e del tutto inedita e ha risolto anni di incomprensioni, contrasti e
litigi.
E, con la fantasia in dote a un ingegnere, mi proietto con la mente al 2015 al
terrazzo sito all'ultimo piano del grattacielo sede del Comune che sorgerà nel
polo istituzionale di Garibaldi-Repubblica. Un grattacielo che, nei miei
auspici, immagino più elevato di quello della Regione, dal momento che il
nostro Governatore Formigoni, dichiarando, nei mesi scorsi, l'altezza della
"sua" nuova infrastruttura, ha permesso a noi di Palazzo Marino di
raccogliere una sfida da vertigini.
In ogni caso, torno al 2015, a quando, affacciandomi dal "nostro"
grattacielo potrò ammirare la nuova Skyline ambrosiana che vedrà accanto al
Pirellone piccolo il nuovo palazzo della Regione di Paolo Caputo, Henry N.
Cobb, Ieoh Ming Pei e James Ingo Freed e poi ancora i grattacieli della città
della Moda di César Pelli immersi nel verde della Biblioteca degli Alberi
firmata da Petra Blaisse e poi ancora, alla ex Fiera, le tre forme
inconfondibili di Arata Isozaki, Zaha Hadid, Daniel Libeskind e Pier Paolo
Maggiora anch’essi circondati da un nuovo polmone verde, e poi ancora, il
Portello di Cino Zucchi, Guido Canali, Santa Giulia di Norman Foster, e più
all’orizzonte il nuovo polo fieristico di Rho Pero.
Ma queste sono soltanto una parte delle centinaia di trasformazioni in atto.
Poiché mi è impossibile elencarle tutte, posso soltanto aggiungere che Milano
si sta riappropriando di otto milioni di aree industriali dismesse delle quali
sta riservando spazi immensi al verde (Central Park non è un'utopia del
Sindaco), all'edilizia sociale e agli appartamenti per studenti. Tanti
interventi meno noti, infatti, riaffermano la vocazione alla trasformazione dei
luoghi evidenziata da Milano in tutta la sua storia. Una predisposizione che
sembrava persa nel caso di Garibaldi-Repubblica-Varesine e che, oggi, possiamo
dire di avere contribuito a recuperare.
Ecco perché oggi possiamo sentirci un po’ tutti "Cavalieri" pronti
per una nuova impresa".