Questa sera arriva in Consiglio comunale, che si riunirà a Palazzo
Marino, la mozione firmata da maggioranza e opposizione che chiede
di salvare gli alberi del Bosco in Gioia, quelle 200 piante che
dovrebbero essere abbattute per far spazio al Pirellone bis. Si
potrebbe trovare una soluzione progettando qualcosa che risparmi
questo verde milanese e la Regione Lombardia non può permettersi di
fare lo struzzo. Ma il fatto è soltanto una parte del problema. Va
detto senza mezzi termini che a Milano manca una politica del verde
e la leggerezza con cui si abbattono alberi per fare spazio alle
costruzioni di box o di inutili e rumorose metrotranvie (in piazza
Agrippa, ad esempio) è tipica dei tempi tristi.
Con questo non vogliamo sostenere che l’attuale giunta non abbia
fatto alcunché per il verde, anzi. Ma, come si suol dire, non si
devono tagliare alberi che hanno 70 o 80 anni per sostituirli con
pianticelle striminzite che ne hanno bisogno altrettanti per
svolgere la loro preziosa funzione. Giovani fusti sono stati messi
anche dalle giunte precedenti, ma con leggerezza sovente si sono
abbattuti vecchi alberi per far spazio a orribili cartelloni
pubblicitari (siamo pronti a fornire l’indicazione di un fatto
avvenuto in una via centrale); o, peggio ancora, non si sono
sistematicamente sostituiti quelli morti o rovinati dalle intemperie
e anche da collusioni stradali. Inoltre una politica del verde è
qualcosa di permanente e non di saltuario: avvia un dialogo con le
zone e interviene capillarmente in ogni parte della città.
Ci sembra quasi inutile ricordare l’importanza degli alberi, perché
ormai tutti hanno compreso che la loro presenza migliora la qualità
dell’aria e offre benefici nei giorni di canicola, con cui
dobbiamo abituarci a convivere. Ci sembra anche che il drenaggio
delle acque permesso dalla presenza di piante eviti alcune spese per
lo smaltimento delle precipitazioni, eccetera. È pur vero che
Milano ha circa 170 chilometri di strade alberate, ma è altresì
corretto chiedersi perché questa benedetta pratica del passato non
sia applicata anche oggi in ogni strada possibile.
Una battuta degli anni ’70 diceva: «Il verde non paga». E
siccome con il verbo «pagare» in politica si intendono troppe
cose, ci limiteremo a interpretarlo in questo senso: le piante non
fruttano voti. Ma ora le cose sono cambiate e gli elettori hanno
capito che ogni albero abbattuto rende meno vivibile le città,
caratterizzate da estati sempre più afose e aria sempre più
velenosa. Perciò le forze politiche ne tengano conto. Destra o
sinistra non potranno più ignorare una vera politica del verde.
LA
LETTERA
«Più di 15 mila firme a difesa dei nostri
alberi
Presidente Formigoni perché non ci risponde?»
Egregio
presidente Roberto Formigoni, perché non ha risposto a 10 mila
persone che le hanno scritto una lettera? Diecimila cittadini
avevano espresso, lo scorso aprile, la propria preoccupazione per il
destino del Bosco di Gioia, in procinto di essere tagliato per fare
spazio al nuovo polo regionale. Da aprile ad oggi quei cittadini
sono diventati più di 15 mila; tanti sono i firmatari della
petizione che chiede di risparmiare quell’ettaro di verde
modificando - non cancellando - l’attuale progetto. Lei ha
ricevuto le prime diecimila firme due mesi fa, eppure non ha
ritenuto di spendere una sillaba in proposito. Forse dimentica il
suo slogan elettorale, «Formigoni presidente di tutti». Fra quei
«tutti» ci sono 15 mila cittadini che chiedono di discutere
pubblicamente con lei di un’iniziativa - la cancellazione del
Bosco - che ritengono profondamente sbagliata. Lei mostra di non
tenere in nessun conto la loro opinione. Ma il parere di
quindicimila persone, tra le quali migliaia di suoi elettori, è un
dato oggettivo di cui lei ha il dovere di prendere atto. Per questo
chiediamo di poterla incontrare, consegnarle le nuove 5.000 firme,
parlare con lei e ascoltarla. Attendiamo anche di sapere quando
disporrà la manutenzione e le cure necessarie ai 200 alberi del
bosco; un compito di cui nessuno, in Regione, ha finora ritenuto di
occuparsi salvo deplorare a più riprese le «condizioni di
abbandono dell’area»; particolare curioso, se si considera che la
cura di quel patrimonio cittadino spetta a chi lo ha in custodia,
cioè la Regione stessa. Dov’è il dialogo che aveva promesso,
presidente? Rocco Tanica, Paolo Macchi
Comitato Giardino in Gioia
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