di Lodo Meneghetti
Inquinamento atmosferico nelle città causato dal
traffico privato. Tutti dicono la loro. Nessuno esige di conoscere dati
statistici relativi alla qualità dell’aria più estesi e precisi, dimostrativi
dello stato effettivo in un determinato spazio.
Prendiamo il caso di Milano e delle famose polveri
sottili (Pm10. Particelle incombuste sospese nell’aria o depositate al suolo e
sollevate): nel 2005 la soglia di sopportabilità è stata superata per circa
metà dell’anno, mentre il numero di giorni limite stabilito dall’Unione europea
è di 35. Quest’anno, poi, lo è stata finora in quasi tutte le giornate, sempre
in misura molto superiore al livello ammissibile, spesso di tre, quattro,
cinque e persino sei volte. Per i non residenti o non frequentatori darò
qualche informazione topografica. Sono solo due le centraline funzionanti anche
per il rilevamento delle polveri. Le poche altre controllano gli ossidi d’azoto
e di carbonio e l’anidride carbonica, componenti peraltro trascurate;
l’attenzione sarebbe concentrata esclusivamente sulle Pm10 poiché ritenute
causa di danni particolarmente gravi alla nostra salute (ma gli ossidi e
l’eccesso di anidride fanno bene?). Le prime sono situate: l’una in via
Juvarra, una bella strada residenziale alberata del quadrante urbano orientale,
appena al di là – verso Città Studi – della circonvallazione “filoviaria”,
ossia la terza cerchia dopo la cerchiolina interna al centro storico (Naviglio
interno) e la circonvallazione “spagnola” che lo delimita; l’altra al Verziere,
l’ampio slargo (una volta mercato) per lo più a destinazione terziaria sul
quale si riversano gli spazi di Largo Augusto, del municipio (una volta Palazzo
dei Giureconsulti), di Piazza Fontana e, di qui, dell’abside del Duomo. Comparando
le due serie storiche di numeri si deduce che il primato negativo spetterebbe
alla prima strada. Ma non sono certo queste, né di via Juvarra né del Verziere,
le arie milanesi maggiormente intaccate dai prodotti di scarico degli
automezzi a quattro e due ruote, i massimi responsabili del nostro mal
respirare, assai più che le emissioni delle caldaie per il riscaldamento degli
edifici (salvo il parere opposto del sindaco Albertini, troppo impegnato a non
contrastare il traffico privato). Il passaggio di auto, camion, camioncini,
moto, eccetera in Via Juvarra non può essere molto intenso; non ce n’è ragione,
vale a dire che la strada non appartiene ad alcun primario percorso obbligato a
frequenza ininterrotta. Il Verziere, invece, vi appartiene; ma la frequenza e la “massa” non sono quelle di
numerosi altri tragitti o sezioni di transito: infatti la direttrice di
provenienza dal circondario metropolitano (est) non riguarda zone d’abitazione
e d’attività così dense come altre specialmente di N/O, N, N/E; lo spazio non è
racchiuso da quinte d’ogni parte.
Voglio dire che le misurazioni disponibili sono
ingannevoli, e lo sono con piena consapevolezza dei poteri pubblici. Sono
miriadi i tratti e punti della città dove un’eventuale controllo delle polveri
(e altro) rivelerebbe quantità talmente elevate da costringere le autorità
comunali e prefettizie a richiedere lo stato di calamità “artificiale”, non
c’entrando nulla la natura ed essendo gli uomini gli esclusivi colpevoli, per
cosa hanno costruito e per come si
comportano. Basti l’esempio della cerchia del Naviglio interno, calibro
modesto, nessun albero, senso unico salvo per l’autobus. Il torrente dei mezzi
è continuo o ristagna ininterrotto come davanti a una diga, le cortine edilizie
corrono sui lati senza interruzioni a designare una tipica rue corridor
o, nomen omen, strada canale. Una centralina in Via Senato, il segmento
nord-orientale della cerchia, se ne sta inerte davanti all’enorme volume di gas
pieni di particelle solide emessi da quante decine di migliaia di transitanti
motori ogni giorno non si sa, giacché il Comune, che lo sa o potrebbe
facilmente stimarli, non lo vuol comunicare: forse per esonerare i milanesi e i
foranei city user dai propri spaventi se non dai complessi di colpa
quali avvelenatori autorizzati. Insomma, una strada come Juvarra è giornalmente
sbandierata come caso di massimo inquinamento da traffico, un’altra come Senato
è ignorata mentre ogni milanese ne percepisce lo stato effettivo gravido di
rischio svenimento per lo spaesato pedone (e il bambino nel carrozzino?).
È l’intera città a vivere morendo entro una
gigantesca nuvola di quasi-solido smog, con larghi grumi di intensificazione
incommensurabile in punti tratti aree che un buon urbanista conoscitore del
territorio milanese può elencare facilmente (non occorrono specialisti del
traffico, talvolta esclusivi pericolosi amanti di tecnicismi). Analoga è la
condizione della cosiddetta – dal governo regionale – area omogenea o area critica, ossia le aree di Milano, Bergamo,
Como, Brescia e Sempione; ma sappiamo che è tutta la Lombardia a partecipare
all’abbuffata, come hanno dimostrato da un lato il Consiglio regionale votando
all’unanimità (assente il presidente Formigoni) la richiesta alla giunta di
designare come “area critica” l’intera regione, da un altro lato molti sindaci
dichiarando consenso a misure di scala regionale anche drastiche avverso il
traffico privato, a condizione che riguardino davvero l’intera Lombardia o un
territorio poco meno vasto. D’altronde la situazione di altre regioni è simile
e tutte le città italiane sono condizionate dall’eccesso di automezzi privati,
anche le piccole che solo vecchi slogan ormai privi di senso fanno ritenere
meglio vivibili.
I pareri circa i provvedimenti, a parte i rari e
occasionali già presi da autorità pubbliche in maniera da farli sembrare inutili,
sono svariati e quasi tutti volti a diminuire l’inquinamento dell’aria come
fenomeno in sé e perciò pensando alle automobili appunto quali mezzi
inquinanti. Tant’è vero che si discute di marmitte catalitiche e no, di
carburanti sporchi e puliti, di motori da Euro 0 a Euro 4-5, di orari di
transito, di ticket d’ingresso al cuore della città, di targhe alterne e così
via secondo un mucchietto di idee che, anche quando sembrano superare il mero
problema dell’aria come il ticket o le targhe alterne, non riescono a precipitare
in un progetto semplice ma chiaro e conseguente rapida attuazione. Mi sbaglio,
in verità esiste una posizione unificante conclusiva dei dispareri: ognuno dice
che la tal misura è solo palliativa, provvisoria, di emergenza, se non inutile
in attesa di interventi strutturali, allo scopo, ripeto, di respirare
aria migliore. Allora, se tutti i mezzi motorizzati non scaricassero fumi
dannosi, se, per esempio, funzionassero ad alcol, o, prospettiva meno
irrealistica, se tutte le auto fossero dotate di motori ultimo grido, nessun
provvedimento “strutturale” occorrerebbe per limitare il trasporto privato?
Ebbene, proprio questa è la pensata degli amministratori pubblici nei Comuni e
nelle Regioni, e anche di certi esperti sé-designati e liberisti. Cosa
significa “intervento strutturale”? I nostri non lo sanno o, immaginandolo,
tacciono.
Un bell’articolo di Guido Viale (Repubblica del 21
gennaio, p.18) la dice finalmente giusta in materia di inquinamento urbano e di
traffico. Non potrebbero essere considerati interventi strutturali – ossia
risolutivi, ma anche urgenti – né parcheggi sotterranei (una mania milanese,
annoto, che sta contagiando altri Comuni) o in elevazione, né semafori
‘intelligenti’, né sotto o sovrappassi: tutte soluzioni “che non fanno
altro che richiamare più auto, più congestione più inquinamento”. Né serve
discutere ora di idrogeno o metano, cioè rinnovo di parco macchine e di reti
distributive fra 15-25 anni. L’inquinamento dell’aria non è di per sé il
principale nemico degli abitanti della città, lo è soprattutto “l’occupazione
delle strade da parte delle auto”, in movimento e, ancor peggio, parcheggiate.
Insomma “è il traffico privato a essere incompatibile con la vita urbana e
l’unico intervento strutturale che può funzionarie è ridurre – il più
drasticamente possibile, anche se in modo graduale – il numero dei veicoli in
circolazione”. D’altra parte, in vista
di probabili crisi energetiche “i blocchi del traffico potrebbero essere una
scuola per allenarsi e abituarsi gradualmente al mondo di domani”. In questo
modo i mezzi pubblici attuali potranno muoversi agevolmente e nuovi moderni
mezzi a richiesta rendersi disponibili, gli abitanti ritornare a camminare e a
pedalare, penso su ciclopiste facilmente realizzabili grazie alla riconquista
di spazio stradale. Bisogna “sperimentare, un po’ per volta , come far
funzionare bene – e meglio – le nostre città; anche senza obbligare i loro
abitanti a possedere e utilizzare un’auto propria”.
Musica per le mie orecchie o
festa per i miei occhi l’articolo di Viale. Ritorniamo a Milano. Già oltre
vent’anni fa entravano in città ogni mattina attraverso i confini comunali
500.000 automobili. Fu la giunta di sinistra, allora, a resuscitare la politica
dei parcheggi sotterranei nel cuore urbano (dopo la costruzione negli anni
Sessanta dell’orribile silos multipiano sotterraneo nella storica piazza
Borromeo) attraverso concessioni di diritto di superficie su suolo pubblico a
imprese private. Non ci fu possibilità di far capire agli amministratori
comunali il colossale errore, dal momento che costruire parcheggi in centro
significava richiamare sempre più traffico automobilistico nelle aree dove
avrebbero dovuto limitarlo se non espellerlo. Oggi si discute se le entrate
di auto superino di molto o di poco le 500.000, due anni fa funzionari della
vigilanza urbana parlarono di 800.000. La giunta di centrodestra, da dieci anni
dedita a una politica uguale ma assai più energica, tuttavia rallentata dalle
contestazioni degli abitanti, l’ha intensificata dal 2004-2005 con una
decisione e violenza costruttiva che pare terrorismo urbanistico e ambientale
(si può leggere nel sito l’articolo Perché no, un parcheggio dentro il Duomo?,
25.6.05).
Poiché il traffico dei mezzi
privati, inquinanti o no, è il nemico numero uno della vita urbana, le
amministrazioni comunali che vogliano identificarsi con una politica
progressista, opposta al moderatismo liberista che ha lasciato le nostra città
in loro balia (contrassegno dei governi locali di destra ma non solo), dovrebbero
da subito prendere le seguenti misure, inquadrandole però nella riaffermazione
della pianificazione urbanistica e nella prospettiva dell’istituzione delle
aree metropolitane:
-negare la politica dei
parcheggi sotterranei, ma anche di superficie, nel cuore della città;
-localizzare parcheggi esterni
in relazione alle diverse zone periferiche, al circondario extra-comunale e
alle direttrici stradali, realizzarli evitando terreni agricoli e scegliendo
gerbidi o aree di risulta non recuperabili né per agricoltura né per giardini,
oppure integrarli nella ristrutturazione a destinazione sociale di eventuali
aree dismesse;
-abolire l’obsoleto principio di
“far scorrere, facilitare” le automobili, invece ostacolarle, render loro la vita
difficile, se così posso dire; regolare ordinatamente il loro transito dove è
plausibile accettarle adottando il metodo del calming traffic, evidentemente
sconosciuto in Italia e applicato in diversi contesti europei e americani;
-impedire ogni forma di
parcheggio non regolamentata e non onerosa, prima di tutte l’occupazione dei
marciapiedi e dei parterre nei viali;
-realizzare aree pedonali in
ogni quadrante della città ammettendo il transito dei soli mezzi pubblici, e
zone semi-pedonali destinate a calmino
traffic;
-costruire, utilizzando anche lo
spazio sottratto alle automobili, piste ciclabili come rete di effettivo
trasporto alternativo capace di assorbirne almeno il 10-15 %;
-rifondare la rete e i mezzi del
trasporto pubblico, vale a dire aumentarne l’estensione, la durata e la
frequenza sulla base di alcuni punti fissi: riproporre, come nella tradizione
migliore, linee interperiferie passanti per il centro città; evitare linee
troppo corte attestate nel centro; proteggere i percorsi dal traffico privato;
impiegare mezzi di capacità di trasporto non troppo elevata, contraddittoria
rispetto alla frequenza (questi punti rappresentano l’esatto contrario delle
scelte attuali di Milano e certamente di altre città);
-ricorrere alle targhe alterne,
alle giornate franche dai mezzi privati e ai ticket d’ingresso nel cuore urbano
finché non si sarà ottenuta una forte diminuzione della loro circolazione;
-contrastare, esigendo il
rispetto delle regole e delle limitazioni, un doppio anarchismo non secondario
nemico della vita urbana: di motociclette e motorini, di mezzi commerciali per
il carico e lo scarico delle merci (per Roma Milano Napoli Firenze Bologna… si
possono accusare i municipi di tolleranza scandalosa).
Milano, 1 febbraio 2006