Rivoluzione
o controrivoluzione?
30
gennaio 2004
architetto già ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano e già direttore del Dipartimento di progettazione dell’architettura
Ce
lo aspettavamo. Leggiamo che il sindaco riconosce il fallimento, che
l’assessore Goggi prende le distanze. Delle metrotranvie erano orgogliosi, le
avevano inaugurate sbandierando. E perché “metrotranvie” quando, osservando la
più propagandata, la15, notiamo che la regola prioritaria del percorso protetto
s’infrange a Porta Lodovica per riprendere solo nel tratto Albricci-Via Larga?
Lungo tutto Corso Italia il povero Mt s’incoda impotente alle auto, attende di
girare a fatica in Via Albricci; poi dovrà infilarsi con svolta a sinistra in
Piazza Fontana e da lì ripartire impiegando dieci minuti per ritrovarsi su Via
Larga, impedito com’è da automobili e da semafori. E il Mt a nord? “Repubblica”
ha già pubblicato le lamentale di coloro che, a causa del nuovo 4, sono
obbligati a utilizzare due mezzi su un percorso che, prima, non costava
trasbordi e perdite di tempo. Quanto ad altre linee tranviarie “di nuova
istituzione”, non creano maggior occasioni e minor penosità di spostamenti.
Prendiamo il tram più accreditato, il 16: eccolo lì, ma il taglio della linea
24 da San Siro a Duomo costringe l’utente che non deve fermarsi in centro e
deve proseguire, come prima col 24, per il Vicentino, al trasbordo: modalità,
questa, diventata la più evidente caratteristica dei trasporti milanesi.
Modalità non nuova, in verità. Sono anni che l’azione del Comune e dell’Atm va
in senso opposto a quello della mirabile storia dei tram, degli autobus, dei
filobus milanesi. In breve: oggi vince il modello delle linee corte, attestate
in centro. La motivazione: le linee troppo lunghe fanno accumulare ritardi
sempre maggiori. Allora i nostri le dimezzano, benché niente di nuovo accada
circa i ritardi, che si producono in ogni caso su tutte le linee, anche
molto corte come nella 94 (autobus, una volta filobus) ridotta a una lineetta
rispetto al passato, perché non si fa nulla di efficace contro l’indecente
predominio delle automobili nelle strade milanesi. Hanno una visione tutta
centripeta della città in movimento: ugualmente che nell’insistenza a
realizzare parcheggi sotterranei nel cuore urbano, con ciò richiamandovi sempre
più traffico privato. Esempi. L’attuale linea di autobus 60 era la linea di
maggior forza, tant’era il volume che trasportava fra Piazza Napoli e la
Stazione Centrale passando per il centro e la densa zona Plinio-Vitruvio. Si
chiamava N, poi divenne A, infine furono tagliate lettere e percorso limitando
quest’ultimo al tratto Stazione-Via Larga: un niente che svuota il mezzo del
tutto se non fra la Centrale e il cambio a Bronzetti/XXII marzo. Il 23 era la
classica linea tranviaria storica (come
lo erano, storiche, e lo sono, le bellissime vetture del ’28) che collegava due
periferie (Lambrate e zona sud ovest) sfiorando il centro. Ridimensionamento:
Lambrate - Piazza Fontana, poi Via Dogana. La 65, dicono, sarebbe stata
soppressa a causa del Mt 15 che la sostituirebbe; ma qualche anno fa la 65 non
si fermava nel centro, lo lambiva e procedeva fino alla Stazione Centrale lungo
un percorso utilissimo ai cittadini. Potrei continuare coi vecchi e nuovi tagli
o modifiche penalizzanti il cittadino: un’ottica economicistica estranea a una
cultura del trasporto pubblico quale assoluta priorità. Insomma, oggi l’utente,
fra cambi obbligati e aumento dei tempi di attesa anche per la riduzione del
numero delle vetture essendosi privilegiati i mezzi ad alta capacità, viene
risospinto verso l’uso della propria automobile.