Cronaca di Milano giovedì 8 aprile 2004
Vent'anni di battaglie per salvare gli
alberi dal cemento dell’autosilo
Da quasi 20 anni incombe su Piazzale Libia la minaccia di scavi per la realizzazione di quasi 600 box sotterranei: si dice che per risolvere i problemi di sosta dei residenti non ci sia altra via. Ma questi box interrati sono un progetto sbagliato che pecca di poca sensibilità ambientale, e che danneggerà una delle piazza alberate più pregiate di Milano, la città meno verde d’Europa. I residenti, auto-organizzatisi nel Comitato per Piazzale Libia, si battono contro il progetto già nel ’90-’91, coinvolgendo anche il Consiglio di Zona 4 che esprime all’unanimità parere sfavorevole alla localizzazione scelta, chiedendone lo stralcio dal Piano Urbano Parcheggi. L’apposizione al sito di Piazzale Libia e relativi viali d’accesso (Cirene, Lazio, Tiraboschi e Cadore) del Vincolo Ambientale suggella poi il successo della battaglia dei residenti, ottenendo la cancellazione dell’area dal Piano Urbano Parcheggi del Comune.
Tutto finito? Purtroppo no: il Commissario straordinario, il sindaco Albertini, tira fuori dal cilindro il mai dimenticato progetto sul piazzale e, con la stessa cooperativa appaltatrice del 1985, riavvia le procedure per la realizzazione dei lavori: il «nuovo» progetto arriva in Consiglio di Zona 4 nel novembre del 2002. I residenti faticano a crederci: e ricominciano la trafila. Oltre 2.000 le firme raccolte con una petizione, assemblee pubbliche, manifestazioni, fiaccolata natalizia.
L'Amministrazione, comunque, insiste. Le condizioni del traffico - e della sosta - hanno subito in un decennio notevoli variazioni. Solo il progetto resta immutabile nel tempo (per la verità qualcosa è cambiato: si sono accorti che sotto c’è la falda troppo alta, così hanno raddoppiato la superficie, rispetto al progetto del ’90, per scendere «solo» di tre piani). I residenti sono convinti che questo progetto, invece di migliorare la qualità della loro vita, la peggiorerà sensibilmente. Così stilano un elenco di oltre 10 aree idonee a servire il bacino d’utenza considerato dal progetto dell’Amministrazione. Forse non saranno tutte alternative praticabili, ma è possibile che non si voglia nemmeno prendere in considerazione l’idea di provare a individuare un altro sito?
Il documento viene consegnato nel
novembre del 2003 all’assessore Goggi, che riceve alcuni rappresentanti del
Comitato e si dice pronto al dialogo. Passano due mesi, e la risposta di Goggi
è: «Il progetto continua, non preoccupatevi, salvaguarderemo le piante». Già,
si limiteranno a scavarci intorno. Ma può, in buona fede, anche chi non sia
ferrato in botanica, affermare che scavare tre piani sottoterra non danneggerà
le radici di piante di queste dimensioni? Il Comitato attende ancora risposte.
Che non siano le ruspe. L’Amministrazione non ha ancora capito che per i
cittadini di Milano, stanchi di aria pesantemente inquinata, traffico
impossibile, mezzi pubblici insufficienti, le priorità sono la salvaguardia e
la cura del verde che ancora resiste, l’ampliamento delle zone pedonali, una
politica del traffico che riduca le auto in ingresso e in circolazione in
città. I milanesi non vogliono provvedimenti che facilitino l’arrivo di altre auto,
quando quelle che ci sono ora saranno finite sotto terra.