La nipote di Levi: "Non vendete la casa di mio nonno in Cicco
Simonetta"
La lettera lunga cent´anni
ALESSIA GALLIONE
da Repubblica - 7 novembre 2005
Fortemente impressionato dalle pietosissime condizioni in cui trovansi i
"senza tetto" e per assecondare un sentimento del mio animo di fare in
vita un´opera pubblica di beneficenza, ho acquistato la casa di via Cicco
Simonetta 15 coll´intenzione di offrirla in dono a codesto onorevole Municipio,
a pro dei "senza tetto"». In linguaggio è un po´ datato e non
potrebbe essere altrimenti visto che la missiva risale al 21 agosto 1904. È con
una lettera che il commendator Giuseppe Levi, filantropo e avventuroso
imprenditore, reduce della prima guerra di indipendenza combattuta per difendere
Venezia e Vicenza dagli austriaci e fuggito in esilio ad Alessandria d´Egitto,
scrisse a Palazzo Marino per comunicare la sua donazione. Ed è con una lettera
spedita a tutto il consiglio comunale che, cent´anni dopo, la sua erede Matilde
Arena si rivolge ai politici. Perché il volere del suo bisnonno munifico non
venga tradito. Una lettera che oggi, dice, dovrebbe essere letta in aula. Prima
che la delibera con cui la giunta ha deciso di vendere quello stabile
trasformato in case popolari e appena ristrutturato.
Sono passati cent´anni. E a ricordare la storia scolpita sulla lapide al numero
15 di via Cicco Simonetta c´è la bis nipote di Levi che chiede: «Non vendete
quella casa». Una storia che andrebbe rispettata, dicono il verde Maurizio
Baruffi e Gianni Occhi (Rc). «Mio bisnonno - scrive la signora Arena - volle
donare una casa in Porta Genova e volle che questa casa, e non altre, fosse
destinata ai poveri senza tetto». Una casa che Matilde Arena vorrebbe
diventasse «il simbolo della convivenza di persone di religione e origine
diversa». Il simbolo della città multietnica che suo nonno aveva previsto. Con
cento anni di anticipo.