PROTESTE
«Sottotetti, abbaini e sopralzi: Brera è a rischio»
Gli abitanti
di Brera contro i sottotetti: «Se continuano a spuntare come funghi, il profilo
più elegante di Milano sarà cancellato». La lista nera degli «orrori» in città
l’hanno compilata i Verdi: almeno 40 i recuperi abitativi «contrari al decoro
architettonico», dal centro in periferia. E in vista della nuova legge
urbanistica che il Consiglio regionale inizierà a discutere il 31 marzo,
lanciano online la campagna «Tetti protetti»
Tra sottotetti e abbaini Brera perde il suo stile»
Gli
abitanti fotografano gli scempi urbanistici. Proteste e denunce
Sottotetti, sopralzi e abbaini: «Addio Brera, se continuano a
spuntare come funghi non la riconosceremo più». Gli abitanti della Montmartre
milanese e qualche consigliere comunale assicurano che «quegli orrori
aggrappati lassù» cancelleranno la memoria del quartiere. E cambieranno la
storia di palazzi che hanno più di cent’anni e che disegnano il profilo «più
elegante e uniforme di Milano». Macchina fotografica al collo, molti cittadini
fermano su pellicola i mostri che a loro giudizio snaturano intere vie.
«Poi ci portano i loro scatti e si lamentano. E hanno ragione - conferma
Filippo Maraffi, consigliere di zona 1, Rifondazione comunista -. Perché questa
maggioranza approva di tutto e la sovrintendenza ai Beni culturali adotta due
pesi e due misure: o è rigorosissima o fin troppo accondiscendente». In via
Madonnina, l’anticamera di Brera, la rabbia la moltiplicano per tre. È il
numero dei palazzi sotto accusa: via Arco 1, via Mercato 3 e 5. Da qualche mese
«si stanno allungando». «E se poi si alzano pure tutti gli altri? Qui finisce
che ci scordiamo di com’è fatto questo quartiere: le case sono tutte alla
stessa altezza, non era mai spuntato niente tra i tetti», dice Gabriella. Fa la
custode e abita in Brera da più di 40 anni. Quelle che qui chiamano ancora
«Belle Arti», secondo gli abitanti «fanno il bello e il cattivo tempo: non ci
permettono di ristrutturare i bagni esterni per non rovinare i palazzi ma poi
lasciano crescere le case».
«Io qui conosco anche i sassi - riprende la custode - e per questi lavori
protestano tutti». Anche perché le gru «hanno portato via le onde alla tv: è da
settembre che non vediamo più Rai 1, 2 e 3». In tutta Milano, la lista nera dei
recuperi conta 40 «orrori». Si chiama «Le mani sui tetti della città»: i Verdi
Maurizio Baruffi (consigliere comunale) e Michele Sacerdoti (in commissione
concessioni edilizie di zona 2 e 3) l’hanno riempita di esempi. Da corso Italia
a via Bixio, da via Sardegna a viale Tibaldi: la città «sta perdendo il suo
decoro architettonico», denunciano gli ambientalisti.
Eppure da quando il Comune ha affidato in via sperimentale alla commissione
edilizia l’analisi delle richieste di recupero, i progettisti si sono sentiti
dire molti «no». In 15 riunioni, dal 27 novembre 2003 all’18 marzo 2004, sono
stati esaminati 176 progetti: 41 approvati, 71 respinti, 59 giudicati da
modificare e 5 da discutere con gli architetti. «Così le brutture non
dovrebbero più passare - ammette Sacerdoti -. Ma hanno solo messo una pezza su
una legge sbagliata». Quella regionale del ’96, la numero 15: dà il via libera
al recupero abitativo dei sottotetti. Ma impone minimi di altezza calcolabili
sulla media ponderale delle superfici. Permettendo così la comparsa di solai
sempre più grandi, alcuni quanto il tetto. Perciò, in difesa dello skyline di
Milano, i Verdi hanno lanciato la campagna «Tetti protetti»: all’indirizzo
www.ilbaruffi.it i testimoni degli «scempi» sono invitati a firmare una
petizione contro la «disastrosa» legge. E a spedirla via mail all’assessore
regionale al Territorio e a quello comunale all’Urbanistica. Il 31 marzo in
Consiglio regionale inizierà la discussione della nuova legge. I Verdi
presenteranno un loro progetto: «Per dire no al recupero dei sottotetti sui
nuovi palazzi - annuncia Baruffi - e un no definitivo ai sopralzi». Che per ora
non si possono realizzare nel centro storico, ma in altre zone di Milano sì:
«Lo stop dev’essere esteso anche ad altri punti della città - insiste il
consigliere -. Penso alla zona liberty di Porta Venezia o al quartiere dei
Giornalisti e di Città Studi».