E’ del 10 dicembre 2003 il mio
pezzo La rovina definitiva dello skyline milanese. Raccontavo del
disastroso effetto della legge regionale cosiddetta “dei sottotetti”. Il 24
gennaio successivo “la Repubblica” ne pubblicava una versione ridotta sulle
pagine di Milano. Si sono mossi i Verdi; il consigliere comunale Baruffi è
intervenuto più volte; in eddyburg Mariacristina Gibelli ha fatto
pubblicare (20 marzo) l’appello e la petizione del Gruppo consiliare dei Verdi;
l’amministrazione comunale, vagamente spaventata dalle oscene apparecchiature
edilizie più meno abbainiche e persino da interi piani (dotati a loro volta di
sottotetto!) apparsi al di sopra dei cornicioni anche di bei palazzi Ottocento
e Novecento, ha tentato di buttarla sull’estetica, impegnando per finta sé
stessa e qualche collega solleticato in una fantomatica commissione a
controllare meglio “d’ora in poi”, a bocciare un po’ di progetti; la Fondazione
degli architetti milanesi (colleghi, questi, da me già segnalati per
l’ambiguità del loro comportamento) ha dedicato una serata alla discussione del
fenomeno (alla quale ho evitato di partecipare). Per dire come nomi emeriti, lì
presenti, non abbiano capito nulla: Gae Aulenti, invece che contestare la legge
e chiederne la cancellazione o la radicale trasformazione, l’ha buttata, anche
lei, nell’estetica, nel mero disegno architettonico: i risultati non sarebbero
buoni perché si farebbero abbaini di gusto ottocentesco e non coraggiosamente
moderno! (riportato da “la Repubblica”). Grazie tante: i vecchi abbaini
milanesi nei tetti di coppi, soprattutto in case popolari ora sparite o
diventate irriconoscibili protagoniste di mercati a prezzi altissimi,
appartenevano strettamente, armonicamente alla costruzione, erano semplici,
contenuti elementi necessari a solai non destinati ad abitazione (come avveniva
invece, ad esempio, in numerosi edifici torinesi nei quali, infatti, l’abbaino
veniva realizzato secondo misure ben più ampie e sforava verso figure
mansartiane francesi). Sarebbe dunque la mancanza di fantasia, di idea
architettonica la responsabile? Ma via, non solo l’aggressione al cielo non si
è fermata essendosi ridotto a mero, breve teatrino il pentimento del
Comune, ma se ne vedono ogni giorno di tutti i colori, peggio di prima
quanto a fantasia, perversa interpretazione della legge, liberismo anarcoide al
puro fine dello sfruttamento massimo di superfici e volumi. Altro che gusto
ottocentesco, cara Gae. A costo di ripetermi narro: tempietti accostati l’uno all’altro
occupanti l’intero fronte, mezzi tuboni a schiera penetranti nella profondità
del tetto opportunamente rialzato e reso ripido; nuovo semipiano finestrato
oltre il vecchio cornicione e nuova base più alta di partenza del tetto a sua
volta rimpinzato di “abbaini” per ottenere due piani d’abitazione in
più, e altre creazioni di una nuova specie di “architettura”, quella
pornografica, particolarmente adatta al compito di una città volta soprattutto
al comprare e vendere.
Ed ecco, in merito al tema dei sottotetti, l’ultima notizia davvero
sconcertante. E’ questa, in verità, la ragione che mi ha spinto a intervenire
di nuovo.
Una strana “società”, denominata RIABITA
2004, sostenuta da alcune industrie edili medio-piccole, bandisce tramite
la Rima Editrice un concorso nazionale “finalizzato all’individuazione e
alla valorizzazione di recenti interventi di ristrutturazione relativi alla
tipologia: mansarde e sottotetti”. Eccovi serviti, tutti voi dapprima fiduciosi
in una naturale regressione del fenomeno. Sentite ancora: “La valutazione della
giuria terrà conto del carattere innovativo dell’intervento
(sottolineatura mia) sia sul piano tipologico sia del linguaggio…”. E la
giuria? Stento a capacitarmene, ma i membri più autorevoli sono architetti e
professori che conosco bene: Cesare Stevan, già preside per vent’anni alla
Prima Facoltà di architettura del Politecnico, Amedeo Bellini, uno dei maggiori
esperti nel campo della conservazione dei beni architettonici e del restauro,
Antonio Piva, formatosi in riferimento alla cultura e alle opere di Franco
Albini, Fabrizio Schiaffonati, già direttore del dipartimento “tecnologico” per
la progettazione e produzione edilizie. Dunque? Come possiamo vincere a Milano
le nostre battaglie per salvare i residui di funzionalità e bellezza che ancora
qua e là presenta, se abbiamo nemici nelle nostre file?
Lodo
Meneghetti, 24 giugno 2004